Archivi categoria: Con il cuore macchiato d’inchiostro

Questo è lo spazio che dedicherò alla mia passione più grande, quella che mi fa pulsare il cuore: la scrittura. Buona lettura, attendo vostri commenti e spero sia di vostro gradimento!

Come una foglia d’autunno, t’ho persa

Un cane non se ne fa niente di macchine costose,  case grandi o vestiti firmati; un bastone marcio per lui è sufficiente. A un cane non importa se sei ricco o povero,  brillante o imbranato,intelligente o stupido. Se gli dai il tuo cuore lui ti darà il suo. Di quante persone si può dire lo stesso?  Quante persone ti fanno sentire unico, puro,speciale? Quante persone possono farti sentire straordinario? Dal film "Io&Marley"
Un cane non se ne fa niente di macchine costose,
case grandi o vestiti firmati;
un bastone marcio per lui è sufficiente.
A un cane non importa se sei ricco o povero,
brillante o imbranato,intelligente o stupido.
Se gli dai il tuo cuore lui ti darà il suo.
Di quante persone si può dire lo stesso?
Quante persone ti fanno sentire unico, puro,speciale?
Quante persone possono farti sentire straordinario?
Dal film “Io&Marley”

Ho deciso di scrivere, ho provato a parlare, ma le parole si fermano in gola, allora ho deciso di scrivere e poi scrivere è un gesto che dedico a chi e a ciò che reputo importante per me e tu sei stata l’affetto più forte ed intenso che abbia mai provato.

Come una foglia d’autunno, t’ho persa, con il vento sei volata via ma qui è ancora tutto come l’hai lasciato, manchi solo tu.

Tornare a a casa non è più la stessa cosa, varcare l’uscio e non scorgere il tuo musetto, le tue orecchie, da sempre la mia passione, e i tuoi dolci occhioni, è una lama che affonda sempre più nel cuore.

Mi manca il rumore delle tue zampette sul pavimento, il tuo venire a farci  visita nella stanza e urtare il tuo musetto ai nostri volti per svegliarci, perché sola ti annoiavi, io fingevo di voler continuare a dormire, ma la verità è che adoravo quando sentivo le tue zampette che ti portavano sino a noi e non aspettavo altro, sono stati indubbiamente i risvegli più dolci ed amorevoli, ora se ci penso mi manca l’aria e sento una fitta al cuore, darei tutto ciò che ho per tornare ad uno di quei risvegli.

Ora non è più mattina.

Eri la mia certezza, passare dal salone ed anche solo vederti, era per me compagnia come nei silenzi ridondanti delle pareti di casa, nei dolori del cuore, nei pomeriggi neri e piovosi, nelle ore disperate di studio..tu c’eri, sempre.

Ora la casa sarà più vuota che mai, le ore di studio interminabili e ancora più neri e piovosi i pomeriggi d’inverno.

Nel cuore l’eco delle tue zampette sul pavimento.

Ci sono stati sentieri oscuri della mia vita, in cui mi sono sentita smarrita, non v’era via d’uscita, sembrava la luce non l’avrei mai più vista, poi ho scorso una speranza in fondo a quel tunnel, un raggio di sole in quella foresta buia e tetra, ed eri tu, era il pensiero di dover correre a casa da te che mi ha dato la forza di percorrere quel sentiero per quanto ne fossi terrorizzata, paralizzata, ogni passo, era un passo verso te, verso casa.

Ora casa, non mi sembra più la stessa.

Non dimenticherò mai la tua visita in un momento in cui avevo dimenticato come si sorridesse, tu mi hai ridonato il sorriso, emozionato il cuore e dato la forza necessaria per superare quell’atroce momento, tanto sapevo che TU mi stavi aspettando e per questo ti sarò per sempre grata, mi hai salvata da un precipizio certo, mi hai ridonato la speranza.

Sembrano tutti così impegnati a correre, andare avanti, io invece mi sento paralizzata in questo dolore, sembra non ci sia tempo nemmeno per soffrire, per sentire la mancanza, è forse questo il problema? Si è così impegnati a correre che non ci si gode il tempo , questo meraviglioso e prezioso regalo che è il tempo, per stare con chi amiamo? Scorre inesorabile e nemmeno ce ne rendiamo conto.

E’ già il primo giorno senza te, ricordo il terrore che potesse arrivare questo momento ed invece è già passato.

Passato, odio questa parola, passa tutto troppo in fretta, tutti sono concentrati a spronarti ad andare avanti, io invece non voglio andare avanti, significherebbe accettare la tua assenza e io proprio non ce la faccio.

Che poi cosa vuol dire accettare?

Come si può accettare l’assenza di qualcuno che hai amato a tal punto? Da un giorno all’altro svanisce nel nulla.

La morte, come la vita, sono un qualcosa che non comprenderò mai, che l’essere umano, per sua natura, non potrà mai afferrare, è questa inafferrabilità a rendere la morte un qualcosa di inaccettabile, di sconvolgente, di traumatico.

Queste lacune incolmabili sono insostenibili, non si può accettare, ma solo rassegnarsi.   

Ho temuto già un’altra volta questo momento fosse arrivato, quando la tua vita era ancora acerba e avevi ancora tanto davanti a te, ho sofferto tremendamente, pregato intensamente, ti ho aspettata e sperato quando nessuno ci credeva, ti sono venuta a trovare quando nessuno poteva farlo, ci è bastato guardarci e sentirci vicine, tu l’hai sempre saputo quanto ti amavo ed è stato questo a farti salvare da morte certa, è stato un miracolo dell’amore, come lo sei stata tu per me e già mi avevi insegnato tantissimo: la forza dell’amore. Non lo dimenticherò mai.

Non ti dimenticherò mai.

Non mi sono mai divertita così tanto come quando ho trascorso il mio tempo con te, quando ho giocato con te,sono stati i momenti più felici della mia vita, ma assistere al tuo dolore, al tuo rapido invecchiamento, quei baffetti bianchi mi consigliavano di amarti di più e il più in fretta possibile perché il tempo stava scorrendo inesorabile, ma non me ne sono mai realmente capacitata, perché quando ami non puoi credere sia giunta la fine, per chi ama la fine non arriva  mai ed invece è arrivata, spietata ed agghiacciante lasciandomi svuotata, sola e triste, ma sollevata perché,  proprio amandoti, vederti soffrire è stata la peggiore agonia, anche peggiore della tua assenza.  

 Ed anche se i giorni,le ore, i minuti, i secondi, scandiscono il dolore ed improvvisamente le lancette non sembrano avere più tanta fretta, ed anche se le notti sembrano più silenziose e buie che mai, nel cuore, placato questo dolore, rimarrà solo l’immenso amore che mi hai donato e tutto ciò che mi hai insegnato.   

Ti voglio bene, sempre te ne vorrò, anche di più.

Darei tutto per tornare a bisticciare per sapere chi in quel giorno aveva l’impegno di portarti a spasso, perché poter tornare a bisticciare per queste piccole beghe, vorrebbe dire riaverti qui, con me, avere ancora l’opportunità di un po’ di tempo per noi, non avere più questo impegno mi svuota. 

Era un appuntamento fisso,era un modo per prendermi cura di te, non poterlo più fare è terribile. 

Mi mancherai sempre, sempre più.

Ho imparato che il problema del tempo siano le due settimane che ho passato con te o gli ultimi due mesi che ho passato con lui, e che alla fine si esaurisce sempre. [Dal film “Dear John”]

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Come le onde del mare

"Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci".  [Jim Morrison]
“Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci”. [Jim Morrison]

Sel era una ragazza minuta dalle grandi emozioni, era una letterata e i letterati hanno la giusta chiave per vivere: si lasciano andare alle emozioni, se ne fanno travolgere come messaggi in bottiglia dalle spumeggianti onde tempestose, sanno riconoscere le emozioni e affrontarle, non rifiutano nulla, analizzano tutto, le scrivono e quanti avrebbero il coraggio di leggere la verità sbattuta cruentemente fra le righe di un foglio bianco?  Quanti?

Be’ loro e gli scrittori sono gli unici capaci di farlo, quanti saprebbero e vorrebbero condividere le proprie emozioni?

Loro, ne sentono l’estrema esigenza come l’essere umano necessita di respirare per sopravvivere: ecco sì, scrivere per loro è come una profonda boccata d’aria fresca e sana in montagna, li rigenera, li ricarica, li svuota.

Le parole sgorgano dalla loro mente e si tramutano in inchiostro: sono indomabili, esulano dalla loro volontà, sono padrone e Sel ne veniva travolta ogniqualvolta ne accumulava troppe.

Dalla sua mente perennemente in attività nascevano storie e personaggi, aaah ma se solo per una volta fosse riuscita a farsi scivolare di dosso quelle emozioni!

Quella strana e sofferente condizione che la divideva fra ciò che voleva fare e ciò che non avrebbe ferito chi le stava accanto, se solo per una volta quel maledettissimo ed ingiusto senso di colpa le avesse lasciato l’animo ormai lacerato! Si sentiva come incastrata in una matassa, impossibili da sbrogliare, d’emozioni violente, contrastanti, dolorose.

Zampillavano dal suo petto come da una fontana e le macchiavano il volto ora con un sorriso, ora con una smorfia tesa,ora le rigavano le rosee guance con una lacrima amara.

Se solo gli affetti non si tramutassero, alle volte, in catene; se solo avesse potuto essere libera come il mare; se solo, alle volte, non si fosse trovata ad infrangersi inevitabilmente contro scogli ormai di fissa dimora fonti sì di certezza, ma anche ostacoli; se solo allargare i propri orizzonti non fosse stato sinonimo di dolore per alcuni; se solo quel suo desiderio di libertà non avesse incontrato ostacoli, bensì venti favorevoli che l’avessero aiutata ad esplorare e non a limitarsi; se solo il suo cuore fosse riuscito a sciogliere o, quantomeno, ad allentare quelle catene, ora Sel non si sentirebbe bloccata e combattuta fra quelle mille emozioni.

Se solo fosse stata lasciata libera di vivere quella brezza senza timori.

Sel era una ragazza dai solidi ed alti valori e dalle ferree regole, una delle quali era proprio quella di vivere le emozioni così come lo stomaco e il cuore le consigliavano, non sempre la mente e la ragione sono le uniche guide da seguire e un eccessivo pensare è altrettanto negativo quanto un non pensare affatto.

Sel viveva seguendo le vibrazioni del cuore ed ascoltava le ragioni della mente, era questo  il sano equilibrio che aveva individuato per vivere serenamente e voleva, anzi pretendeva, le venisse permesso di perseverare in  questo suo credo.

Sel viveva come il mare seguendo le onde e lasciandosi guidare dai venti, viveva le brezze e si infrangeva contro gli scogli se necessario, ma non è forse questo la libertà?

 

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Nell’immensa nostalgia che di te ho

Non ho potuto farne a meno, giunge un momento nella vita di ognuno di noi nel quale ci troviamo inaspettatamente a misurarci con la morte. Quel momento, ahimè, è giunto anche per me e per quanto ci si possa preparare emotivamente e mentalmente, in realtà, non si è mai pronti. Questo è un omaggio ad una delle persone che più ho amato nella mia vita, ad una delle figure fondamentali nella vita di ogni essere umano: i nonni. A mia nonna che ormai  (o dovrei forse scrivere già?) da quasi un anno non è più con me, al freddo che avverto nel petto, al disperato tentativo di fissarne ogni memoria per non dimenticarla, all’immensa nostalgia che di lei provo. 

"Io che molto spesso mi perdo e cerco un tuo gesto inaspettato, innato riflesso, incondizionato un qualcosa che non si vede non si sente non riesco ad percepire mi proteggerà per sempre"  [Moreno ft. Fiorella Mannoia-Sempre sarai]
“Io che molto spesso mi perdo
e cerco un tuo gesto
inaspettato, innato
riflesso, incondizionato
un qualcosa che non si vede
non si sente
non riesco ad percepire
mi proteggerà per sempre”
[Moreno ft. Fiorella Mannoia-Sempre sarai]

Nell’immensa nostalgia che di te ho, della morte ho timore: si dimenticano le voci,   

sbiadiscono i volti, svaniscono gli odori, sfugge il tatto.

Tutto può sbiadire, eccetto i ricordi

e magari si portasse via anche quelli alle volte, meno dorrebbe il petto,

meno si inumidirebbero gli occhi

Non s’annuncia, d’un tratto si presenta alla tua porta o a quella di chi ami   

Ella tutto può, eccetto che spezzare l’amore o i ricordi

 Cerco di rammentare le tue parole e della tua voce il suono mi concentro a ricordare,

nel disperato tentativo di fissare e mai dimenticare,

chiedendomi se un giorno lontano tutto così nitido ancora sarà,

di questo mai certezza alcuna avrò,

ma di una cosa son sicura: Ella tutto potrà eccetto affievolire l’incessante amore

ed i toccanti ricordi

e nell’immensa nostalgia che di te ho, m’assopisco abbracciata ad un tuo pensiero

Policarpo Serenella

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Preghiera al Signore

Gli esseri umani son tutti diversi, ma accomunati dalle stesse paure: questa è una preghiera che confida i comuni timori che ognuno di noi nutre all’Unico che possa averne il potere di custodirli e, possibilmente, di tutelarli, o almeno questo è il mio credo.
"Il mondo canta storie che parlano d'orrore noi non lo ascolteremo"  [Jacopo Ratini - Su questa panchina]
“Il mondo canta storie che parlano d’orrore noi non lo ascolteremo”
[Jacopo Ratini – Su questa panchina]

Che il Signore non mi doni l’Amore per poi privarmene,

che io possa soffrire per una lacuna mai colmata,

piuttosto che per un Amore perso non appena assaporato;

che il Signore non mi chieda d’assistere al dolore d’un amato,

che mi doni il suo dolore piuttosto;

che il Signore non mi ponga di fronte a malattie,

che piuttosto mi concepisca già cieco, muto o sordo;

che il Signore non mi mostri le ingiustizie del mondo,

che mi permetta piuttosto di crederlo ancora buono;

che il Signore non mi doni il denaro,

che mi doni piuttosto la ricchezza del cuore;

che il Signore non mi doni mai la solitudine,

che mi doni piuttosto un buon amico;

che il Signore non mi chieda nulla di tutto questo,

perché solo Egli sa quanto non potrei patirlo.

Policarpo Serenella

 flying

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Pensieri di carta macchiati d’inchiostro

"E' proibito non fare le cose per te stesso,  avere paura della vita e dei suoi compromessi,  non vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo respiro.  E' proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire,  dimenticare i suoi occhi e le sue risate  solo perché le vostre strade hanno smesso di abbracciarsi.  Dimenticare il passato e farlo scontare al presente"
“E’ proibito non fare le cose per te stesso,
avere paura della vita e dei suoi compromessi,
non vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo respiro.
E’ proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire,
dimenticare i suoi occhi e le sue risate
solo perché le vostre strade hanno smesso di abbracciarsi.
Dimenticare il passato e farlo scontare al presente” (Pablo Neruda)

C’erano mattine più difficili di altre, giorni che iniziavano già immersi nel grigiore,non tanto quello del cielo, quanto quello dell’anima.

C’erano giorni in cui sentiva la mano fremere piena di parole desiderose di stamparsi sul foglio, giorni in cui scrivere era per lei l’unico vero mezzo di comunicazione, le svuotava l’anima appesantita. La penna scorreva sul foglio e lei nemmeno se ne rendeva conto.

C’erano giorni in cui il suo credere nelle persone era come infilarsi una lama nel petto. Si svegliava demoralizzata chiedendosi in cosa in realtà credesse.

C’erano giorni in cui la disillusione prendeva il sopravvento persino nel suo animo sempre fiducioso.

Sel era una giovane ragazza dai capelli dorati con due occhi grandi spalancati sul mondo: ambiziosi, determinati, curiosi, vulnerabili e speranzosi. Era una ragazza dai sogni di carta macchiati d’inchiostro.

Pronta a a battersi per quello in cui credeva, sempre disponibile a mettersi in discussione e migliorarsi, ma alcuni giorni, alcuni giorni proprio non ce la faceva.

Poteva toccare con mano la crudeltà di chi, invece, fino a quel momento aveva creduto buono, persone avide di cattiveria e desiderose di ferire e veder crollare sotto i loro meschini gesti chi era il centro della loro crudeltà, aveva visto cedere a questi colpi la persona che più amava e lei si era sentita terribilmente impotente.

“Come può un individuo umano per natura, essere invece, così disumano?”, si domandava affranta, ma non era solo cattiveria, una delle peggiori malattie era la mentalità gretta ed ermetica. E’ più facile chiudersi nel proprio piccolo branco, piuttosto che aprirsi al confronto, alla diversità di opinioni che conduce alla ricchezza, che poi, si chiedeva Sel, “cos’è la cultura se non un sinonimo della curiosità e dell’apertura agli infiniti punti di vista?”

L’Italia era, ormai, un Paese di laureati, ma incredibilmente ignorante.

La cultura non risiede nei libri, loro ci stimolano dandoci punti dai quali partire per incuriosirci, è compito nostro poi dubitare, sperimentare, verificare e farci in seguito una nostra idea. Chiunque sia capace di leggere può imparare quello che nei libri è scritto, ma la cultura non è questo, è ben altro.

Non era una ragazza dall’animo malinconico, ma ultimamente si sentiva come in un campo di battaglia insediato da mine e, di tanto in tanto, un saldato saltava. Ogni giorno poteva essere il suo giorno o quello di persone a lei care: era un po’ come giocare a prato fiorito, ma con le vite di chi amava.

La morte…che strano fenomeno! Ciò che più la terrorizzava era che uno dei suoi pezzi di cuore, una delle persone da lei amate, potesse essere accarezzate da quella gelida mano.

In quest’ultimo periodo ci pensava frequentemente perché, se anche uno solo di quei pilastri fosse crollato, sarebbe crollata anche lei inevitabilmente.

Adesso aveva molto più da perdere: aveva imparato come la felicità di un singolo individuo potesse dipendere (nel modo più sano possibile) dalla presenza di un’altra persona nella propria vita e come questa potesse essere la cura di tutti i mali e luce di ogni singolo giorno.

Quando inizi ad amare, inizi anche ad avere paura della morte, perché tutti gli altri ostacoli diverso da questo dipendono esclusivamente dalla nostra tenacia, dalla nostra costanza e dalla nostra volontà. Ma la morte, quella no, è dispettosa: quando tutto trova il suo posto, lei scombina ogni cosa.

In un grigio pomeriggio primaverile Sel si recò in uno studio medico per una visita e fece uno strano incontro.

Giunta nella sala d’attesa si sedette timidamente su una di quelle confortevoli poltroncine, abbassò lo sguardo e con la mano destra spostò delicatamente dietro l’orecchio una ciocca dorata cadutale sul volto.

Allungò la mano nella borsa, prese il telefono ed inizio a giocarci nervosamente, uno di quei tipici gesti che si fanno appositamente per sviare lo sguardo di qualcuno, come quando, in ascensore, nel dubbio di eterni silenzi imbarazzanti, ci si finge indaffarati, si cercano le chiavi o si parla del tempo e dei malanni di stagione.

Sel odiava quelle circostanze.

Ad un tratto un’esile voce si levò nell’aria: un’anziana signora dai capelli purpurei con indosso una di quelle gonne lunghe tipiche delle signore della sua età, cercò l’attenzione dei presenti e, rivolgendosi ad un’altra signora, cominciò <<è suo marito?>> , la signora dai grigi capelli trasalì <<sì>>, <<ah>>, proseguì l’altra, <<mio marito è morto tanti anni fa, ma non me ne sono mai fatta una ragione, proprio non ci riesco.. Sì ci sono i figli ma…il marito  è un’altra cosa>>, le si inumidirono gli occhi sotto quello spesso velo di tristezza.

Sel nell’udire quelle toccanti parole avvertì una fitta al cuore e si rattristò, poi si voltò e commossa guardò colui che era il centro della sua vita e pensò: “mi auguro con tutto il cuore la vita non mi abbia regalato la fortuna di averti incontrato, per poi privarmi del dono più bello che mi abbia mai fatto, non potrei farcela, sarebbe come svuotarmi”, donò un ultimo sguardo di conforto a quella signora affranta, promettendo a se stessa che da quella sera avrebbe pregato anche per lei e se ne andò.

La vita, quant’è strana: prima ti fa incontrare quell’unica persona capace di completarti e poi te ne priva, lasciandoti nuovamente incompleto e svuotato.

Il problema delle cose belle è che quando iniziano si vive nell’angoscia che possano finire da un momento all’altro, il tempo sembra scorrere più velocemente e Sel giunse ad una conclusione: vivere intensamente tutto quello che le donava felicità, senza dare troppo peso ad ogni cosa, molte volte ci amareggiamo l’esistenza per cose, persone o opinioni non sempre meritevoli di considerazione; e non concentrarsi sul se e quando sarebbe giunta la fine (se mai fosse realmente giunta),  riproponendosi di godersi il durante, perché quando poi la fine giunge davvero ci si rende conto di aver vissuto nel terrore di questa, ma di non aver vissuto affatto.

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Crisi come tensione evolutiva e non come fine

L’essere umano è fin da sempre intimorito dalla parola e dal fenomeno della crisi, eppure, ahimè, non può prescinderne.

Si è soliti associare al termine crisi necessariamente un’accezione negativa: crisi come fine, come rottura, come dolore.

La pedagogia, invece, ci aiuta a vedere l’altro aspetto insito nella crisi, tanto lampante quanto celato ai nostri occhi.

Crisi come un fenomeno non negativo, è possibile?

La pedagogia ci aiuta ad approfondire questo concetto: associare al termine crisi ed al fenomeno che ne consegue un’accezione negativa, è un nostro inconscio abbinamento, dettata dal timore che l’uomo nutre nei confronti del cambiamento, perché qualcosa a noi sconosciuto, perché non sappiamo cosa aspettarci, perché il doversi adattare ad una nuova condizione rappresenta pur sempre un trauma da dover realizzare e metabolizzare.

Crisi non vuol dire necessariamente rottura, fine, conoscete relazioni nella vostra vita che non abbiano attraversato un momento di crisi? Sono certa che non sarà possibile e sono altrettanto certa che non sempre avrà implicato una fine o una rottura, molte volte le crisi sono indispensabili, rafforzano quello che già c’era e, in molti casi, lo ridefiniscono. Tutto quello che nel mondo ci circonda ha subito una crisi per divenire quello che oggi è. Dunque crisi non come fine, bensì come tensione evolutiva, in quanto anche se da essa dovesse derivarne una rottura, ci sarà pur sempre un nuovo inizio. Le crisi tagliano, laddove necessario, quei rami ormai secchi che affollano il nostro albero, per lasciare spazio a nuovi rami.

Per molti individui è un concetto inaccettabile, è un rovescio della medaglia per loro inesistente. Conservare sulla chioma del proprio albero tutti quei rami secchi li rassicura, quell’affollarsi li fa sentire protetti, certi che non resteranno mai soli, eppure quella chioma pesa e più del dovuto, è un carico troppo pesante da portare, ma tagliarli è più doloroso del loro stesso peso.

Le crisi vengono in nostro soccorso: laddove noi siamo impotenti loro agiscono, ci aiutano a far cadere quei rami che ci siamo tenuti stretti troppo a lungo, ad alleggerirci e a dare spazio a nuovi rami.

Una crisi, per quanto dolorosa, è sinonimo di un qualcosa che necessita di evolversi, dunque non la assoceremo più alla fine, alla rottura, bensì ad una tensione evolutiva e poi chissà dove ci condurrà, non temiamo, sperimentiamo, se quel ramo sta cadendo dal nostro albero, qualcosa vorrà pur dire!    

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